Stavolta riporto questa lezione sul gioco come lezione di vita, scovata tra le pagine del necessario "I Giochi e gli Uomini" (Roger Caillois, Bompiani, 2000). A voi pensarci su se vi va.
Il gioco impone al giocatore di non trascurare alcunchè per la vittoria, pur mantenendo le debite distanze nei suoi confronti. Ciò che si vince può essere perduto, è anzi destinato ad essere perduto. Il modo di vincere è più importante della vittoria stessa e, in ogni caso, più importante della posta in gioco. Accettare l'insuccesso come un semplice contrattempo, la vittoria senza ebrezza ne vanità; questo distacco, quest'ultima riserva nei confronti della propria azione, è la legge del gioco. Considerare la realtà come un gioco, dare maggior spazio a questo atteggiamento nobile e magnanimo che allontana, mortifica l'avarizia, l'avidità e l'odio, è fare opera di civiltà.
Altrove Caillois continua a parlare dell'unico modo giusto di giocare: utilizzando nel migliore dei modi certe risorse e vietandosi di far ricorso a colpi proibiti. E mi sembra ancora che parli dell'unico modo giusto di vivere.
E così, penso, che insegnare a giocare o a creare giochi con le loro regole, a condividerle con altri e rispettarle è sostanzialmente insegnare a vivere. Che dovrebbe essere un "rispettoso stare al gioco" imponendo la propria libertà, creatività, intelligenza e originalità per dimostrare, se si vuole o se veramente si pensa essere la strada per la felicità, di poter essere migliori e "vincenti" nell'ambito delle regole comuni e non al di fuori di esse. Ed ho sottolineato il SE, perchè nulla vieta, anche se l'attuale mondo intero ti dica il contrario, che il vero successo da perseguire sia un sorriso che non si dimentichi o un qualunque angolo della terra da sentire anche solo per un momento veramente "casa".
In periodo di elezioni brucia particolarmente pensare alla glorificazione di quei self made man che si vantano..e che si sono fatti da soli prevaricando il merito e l'intelligenza di tutti gli altri, semplicendensi vendendosi al miglior offerente, come una qualunque merce e con le stesse capacità di un qualunque ortaggio che per crescere bene basta che si "pianti" sempre nel posto giusto. Ecco insegnare a stare al gioco penso sia anche insegnare a non fare mai mercato di se stessi, dandosi solo un valore in denaro, che sembra essere l'unico parametro che conti.
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Claudia Regalbuto (mercoledì, 03 ottobre 2012 17:48)
Condivido il concetto,...la vita è un tavolo da gioco va vissuta con attenzione e misurata euforia , audacia e calma, ma soprattutto con la consapevolezza che le carte verranno rimischiate al prossimo giro e tu da perdente giocando bene potrai risollevare da solo le tue sorti...oppure finire a gambe in su !! Non sono Roger Caillois, ma una che vive il quotidiano, ....e poi la forza di Giove cos'è, senza l'aiuto dei picciotti, la furbizia o la viltà del fuggitivo,...ed oserei dire "l'umiltà della miseria",...perchè anche da quella si può ottenere risultato, magari anche re e regine che spavaldi credono di farla franca... A questo punto dico anch'io il gioco è reltà !!