In questa sezione troveranno posto, articoli inizialmente proposti nel blog, o altri contributi, sopratutto riguardanti la documentazione sulla storia dei Tarocchi Siciliani, in letteratura e in documenti oggetto di ricerca di altri autori o personali.
Il richiamo in copertina.
L'articolo di Rossella Jannello (clicca per ingrandire)
"Le Fate" è una bellissima rivista bimestrale di cultura ed identità siciliana, pubblicata a Ragusa e distribuita in un circuito di librerie quasi tutta la Sicilia. Nel n.12 del 2015 ha ospitato questo bell'articolo-intervista curato da Carlo Blangiforti.
E' possibile acquistare tutti i numeri arretrati della rivista a solo 1,50 € in versione digitale ed a 5,00 € in una curata versione cartacea. Le cose belle, ancor più e siciliane D.O.C. vanno sostenute!!
Vedi al link: http://www.lefate.net/shop/
Condividiamo una versione musicale, improvvisata ed ancora in versione ultra"demo", della bellissima poesia di Carlo Blangiforti dedicata ai Trionfi del mazzo del Tarocco Siciliano e scritta in
un siciliano dagli echi di Paolo Maura, grande poeta vernacolo seicentesco. Per il piacere di condividere assolutamente non un valore musicale ma una sorta di inno alla passione ed al "gioco"
della vita, combattuta tra lo stare alle regole oppure, ogni tanto, fuggire..
Il testo che si riporta rende conto del fatto che agli inizi del '900 il gioco a 4 a Mineo fosse ancora praticato, a tal punto da meritarsi questo "siparietto" in uno dei capolavori di Luigi Capuna. Oggi i giocatori mantengono alta considerazione del gioco a 3, ma il gioco a 4 manifesta sue peculiarità e piacevolezze...vedi descrizioni introduttive ai giochi di Mineo..
Aveva preso gusto alla partita di tarocchi che don Gregorio, cappellano del monastero di Santa Colomba, il notaio Mazza,
don Stefano Spadafora e don Pietro Salvo facevano colà, in un angolo appartato, due volte al giorno, inchiodati per lunghe ore col Giove, l'Impiccato, il Matto e coi Trionfi tra le mani, accalorandosi, bisticciandosi, insultandosi con
parolacce e tornando, poco dopo, più amici di prima.
Spesso, don Pietro Salvo gli cedeva il posto, appena vinto qualche soldo:
« Volete divertirvi, marchese? ».
Don Stefano sbuffava. In presenza del marchese, gli toccava di contenersi, ed era una gran sofferenza per lui.
Il marchese, che lo sapeva, sedendosi gli faceva il patto:
« Senza bestemmie, don Stefano! ».
« Ma il giocatore deve sfogarsi! Voi parlate bene! Debbo crepare? »
E un giorno, a ogni svista del compagno, a ogni giocata andatagli a male, don Stefano, invece di dirne qualcuna di quelle da schiodare dal Paradiso mezza corte celeste, fu visto togliersi
rabbiosamente di capo la tuba, sputarvi dentro e rimettersela, subito.
« Che fate, don Stefano? »
« Lo so io! Debbo crepare?... Questa vale per Giove... »
E buttò la carta picchiando forte con le nocche delle dita, quasi volesse sfondare il tavolino.
Sembrava che quella volta i tarocchi lo facessero a posta, e il compagno pure. E don Stefano, a cavarsi rabbiosamente di capo la tuba, a sputarvi dentro e rimettersela subito.
« Che fate, don Stefano? »
« Lo so io!... Volete che crepi? »
Soltanto all'ultimo, quando egli, fuori dei gangheri, scaraventava la tuba per terra, gli astanti si avvidero della figurina del Cristo alla Colonna ficcata là in fondo, contro la quale egli
aveva inteso di bestemmiare, silenziosamente, a quella maniera!... Doveva proprio crepare?
E non gli importò che gli appiccicassero per questo il nomignolo di Maometto. Almeno, da quel giorno in poi, egli poté bestemmiare in pace, a libito suo, anche in faccia al marchese.
Colpisce come gli unici mazzi, e di conseguenza giochi, di carte considerati fossero esclusivamente quelli con carte italiane e Tarocchi. Le carte francesi, già presenti in Sicilia in quegli anni, non avevano ancora menzione, nella realtà provinciale.
CAPO V – GIUOCHI
Art. 22 – Sono vietati i giuochi d’azzardo.
La tassa dei giuochi è fissata come sieque:
Carte italiane nuove L. 40
dette usate L. 20
Tarocchi nuovi L. 60
detti usati L. 30
Per ciascun tavolino un lume a petrolio L. 10
Ogni candela Stearica L. 25.